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Il lapidario di Santo Stefano a Bologna ed i caduti in Spagna ed in Africa Orientale

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(di Barone Marco)

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DSC_0266Che il complesso delle sette chiese, di Santo Stefano di Bologna, sia a dir poco particolare, è fatto noto. Meno noto però è la celebrazione per la patria, per il nazionalismo, per i “caduti”che lì sussiste. Esistono per esempio più di 60 lapidi dedicate alle vittime bolognesi nella prima guerra mondiale ed oltre, e pare che complessivamente vi siano elencati ben 2536 nomi di soldati caduti, con il nome, il rispettivo grado ed arma e la data di morte. Lapidario che venne inaugurato nel 1925 alla presenza del Re Vittorio Emanuele III. Non mancherà di leggere qualche frase condita con la solita retorica, “i più veloci a tramutarsi in croci”. Ed ancora “vestono il colore della morte ma sono la più bella espressione di vita”. Per ricordare gli allievi Bersaglieri.

Ma il peggio deve ancora arrivare. Cmminando per quel chiostro ecco che proprio all’angolo che condurrà verso l’uscita, leggerai una serie di nomi, una ventina circa,  un paio cancellati. Si tratta di una lapide dedicata ai caduti di Bologna in Spagna .

Una ricerca a caso, e tra i nomi, emerge quello di Nardozzi Nerio capo Manipolo della Milizia Volontaria per la sicurezza Nazionale, le così dette camicie nere, “Tenente degli Alpini e deceduto il 1° aprile 1938 a Gandesa (Spagna). Decorato con Medaglia d’Argento al Valor Militare, con la seguente motivazione: « Ufficiale di eccezionali virtù militari, già distintosi per perizia, calma e sprezzo del pericolo in precedenti combattimenti. Sempre primo dove maggiore era il rischio, durante un improvviso violentissimo attacco nemico, con risoluzione fulminea, portava il proprio plotone al contrassalto ributtando l’orda bolscevica a colpi di bombe a mano. Conquistata la posizione avversaria e mentre rincuorava i propri dipendenti alla resistenza di un nuovo attacco delineatosi, nell’atto di portare personalmente un’arma automatica, veniva colpito da una raffica di mitragliatrice, che gli squarciava il petto. Mori mormorando magnifiche parole di fede e di incitamento col nome sacro della Patria sulle labbra »”.
Retorica fascista, che non è difficile ritrovare in tutte le onorificenze riconosciute anche a diversi caduti della prima guerra mondiale. E poi, camminando sempre per quel chiostro, altre lapidi, ma questa volta dedicate ai caduti dell’Africa Orientale italiana, tra il 1935 ed il 1938.
Ognuno tragga le sue conclusioni, il fatto che in una chiesa vi sia ciò a parer mio non deve stupire, forse indignare e fare incazzare sì, ma parte della storia della Chiesa si è armonizzata con tutto ciò, e poi nazionalismo, patriottismo sono piccoli semi di religione, un credo feroce, che porta morte, quella morte che in quella chiesa viene ricordata come la più bella espressione di vita, dove dopo aver magari cagionato violenze od essere stato complice di un regime maledetto, morirai con la parola Italia sulla bocca e poi chi mai potrà averla ascoltata è tutto da capire, d’altronde cosa vi è da capire in tale martirio nazionalistico? Per la patria? Per l’Italia che non ha mai fatto realmente i conti con il fascismo a partire dai crimini rimasti impuniti? E nel mentre di tutto ciò, tra chi fotografa, chi prega, chi discute, il tempo continuerà il suo cammino, un cammino che potrà mutare rotta solo con una memoria critica e che abbia la forza di demolire ogni seme nazionalistico.

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